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Beni confiscati, l’Agenzia rischia la paralisi

di Nino Amadore
«Nelle prossime settimane sarò a Reggio Calabria per rendere operativa l’agenzia che gestirà i beni sequestrati e confiscati alle mafie». A parlare è il ministro dell’Interno Roberto Maroni intervistato dai giornalisti a Palermo qualche giorno fa. Ma quelle del ministro rischiano di diventare solo dichiarazioni di intenti e la volontà di rendere più efficace il tutto potrebbe essere vanificata dal sistema farraginoso che è stato messo in piedi con un decreto pensato e scritto troppo in fretta e sull’onda dell’emergenza.
Almeno questa è l’opinione diffusa tra gli addetti ai lavori: dai magistrati (sia inquirenti che giudicanti) agli amministratori giudiziari, ai docenti universitari che da anni si dedicano alle misure di prevenzione patrimoniale contro i mafiosi. Le perplessità sul decreto legge varato dal governo proprio a Reggio Calabria subito dopo l’attentato di ’ndrangheta alla procura generale sono sia di forma che di sostanza. Così come hanno rappresentato alla commissione Affari costituzionali della Camera nel corso della loro audizione i magistrati Giuseppe Pignatone (Procuratore di Reggio Calabria) e Silvana Saguto. E riguardano soprattutto la fase del sequestro, momento in cui il giudice si trova a gestire il bene “per conto di chi spetta” ovvero in attesa che sia definito il giudizio su quel bene. Il cosiddetto giudice delegato in pratica si sostituisce al legittimo proprietario del bene e avvia l’amministrazione giudiziaria affidandosi a un esperto che collabora con lui. Questo può avvenire con un patrimonio di piccole dimensioni oppure con uno di dimensioni veramente spropositate come è stato nel caso del sequestro ai danni dell’imprenditore mafioso Piazza proprietario di beni per oltre 1,2 miliardi che richiedono atti e professionalità di un certo tipo.
Una analisi attenta da parte degli addetti ai lavori ha evidenziato molteplici punti di criticità del decreto legge che deve essere convertito dal parlamento entro i primi di maggio. Spiega per esempio Fabio Licata, magistrato palermitano che si occupa quotidianamente di misure di prevenzione: «Lo spirito del provvedimento è sicuramente positivo. Sembra discutibile – spiega Costantino Visconti, docente di diritto penale all’università di Palermo e tra i promotori del corso di alta formazione in gestione dei beni sequestrati o confiscati alle mafie – che la partecipazione dell’Agenzia all’attività gestionale sin dalla fase del sequestro sia realizzata in maniera tale da depotenziare fortemente il ruolo del giudice delegato. Un fatto che potrà determinare problemi non indifferenti sia per la funzionalità e la coerenza della gestione, sia per l’efficienza della procedura giudiziaria finalizzata alla confisca dei beni. Si potrebbe intanto partire dalla fase della confisca». Altro punto è quello delle professionalità presenti all’interno dell’agenzia: manca nella struttura di vertice l’esperto in gestione aziendale, colui che sia in grado di cogliere meglio le dinamiche di un patrimonio che va gestito con logiche civilistiche e non solo dunque penali. L’agenzia, è vero, potrà avvalersi dell’albo degli amministratori giudiziari ma è ovvio che dovrà scegliere sul territorio le professionalità più adatte secondo le esigenze: in questo caso, dicono in molti, si creeranno duplicazioni di passaggi nelle nomine e negli atti autorizzativi che pregiudicheranno parecchio la gestione dei beni.
C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare: man mano che l’amministratore giudiziario va avanti si accorge spesso di beni occultati o di situazioni fino a quel momento non evidenziate che rendono necessario un altro provvedimento di sequestro. Cosa avverrà con l’istituzione dell’Agenzia? «È vero – spiega il magistrato – che permane il dovere dell’Agenzia di segnalare ai giudici eventuali nuovi beni da sottoporre a sequestro, tuttavia l’esperienza giudiziaria di questi ultimi anni insegna che sono numerosissimi i casi in cui ingentissimi patrimoni da sottoporre a sequestro sono emersi proprio grazie alla diretta collaborazione tra l’amministratore e il giudice delegato». In futuro l’amministratore dovrà riferire all’agenzia la quale solo in un secondo tempo riferirà al giudice attraverso periodiche relazioni: «Risulta evidente – sottolineano ancora i magistrati palermitani – che la mancanza di un rapporto diretto tra giudice delegato e soggetto materialmente preposto all’amministrazione può seriamente pregiudicare la tempestiva individuazione di altri beni da sequestrare e l’efficace e genuina acquisizione di elementi rilevanti per la decisione del merito del procedimento».

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