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Bankitalia: la crisi fa aumentare la criminalità

Una riduzione del 10% dell’attività economica a livello locale produce un aumento del 6% dei furti e del 10% per le estorsioni: nessun effetto invece su reati più “organizzati” come le rapine. È quanto emerge da uno studio di due economisti pubblicato dalla Banca d’Italia che esamina gli effetti dei due primi anni della crisi (2008-9) in Italia.
Gli effetti sono più evidenti dell’impatto della crisi sull’aumento dei furti emerge nelle zone nelle quali la forza lavoro è più giovane o dove c’è una prevalenza di piccole imprese, mentre si riducono in maniera significativa nelle aree in cui la criminalità organizzata ha una presenza maggiore e più radicata.
Lo studio, pubblicato dalla Banca d’Italia nei propri “working papers”, è condotto da due suoi economisti, Guido De Blasio e Carlo Menon. Analizza i precedenti lavori che esaminano economia e criminalità ma cita anche, fin dall’introduzione, un passo del libro Senza un soldo a Parigi e Londra di George Orwell nel quale si parla di povertà e della difficoltà di essere un mendicante, considerato «un nemico della società, sempre pronto a commettere un reato se sembra una facile opportunità».
La ricerca fotografa i primi due anni della crisi che ora investe l’Italia, il 2008 e il 2009, utilizzando i data base del Cerved sui bilanci delle imprese nelle diverse realtà locali con le parallele notizie di reato comunicate dalla polizia all’autorità giudiziaria in tempo reale.
Il lavoro evidenzia l’ «impatto significativo» della crisi sulle tipologie di reato che non richiedono specifiche abilità, come appunto i furti, suggerendo come una certa quantità di azioni criminali «improvvisate» possano essere dettate direttamente dalle difficoltà economiche dei singoli. Di converso, si rileva un impatto «negativo» su altre categorie »in cui appaiono necessarie maggiori competenze criminali», quali le rapine. Ed ancora, non risulta nessuna relazione fra la crisi ed i reati a carattere non strettamente economico, come stupri, omicidi o altri crimini violenti.
Nelle quattro regioni tradizionalmente caratterizzate dalla presenza della criminalità organizzata (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) il legame fra la riduzione dell’attività economica e l’intensificarsi dei reati ha poi un’evidenza ancora minore, ad indicare come il «monopolio» del crimine detenuto dalle organizzazioni mafiose renda molto più difficile «improvvisare» un’azione illegale, rispetto alle zone dove invece «il controllo del territorio è meno capillare».

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