PALERMO – L’economia siciliana è caratterizzata da un’asfissiante presenza del pubblico e una quasi residuale presenza industriale che va male, anzi malissimo. Che non può più contare sul mercato interno e deve cercare di valorizzare ciò che già dà segnali positivi: l’export e il turismo soprattutto per quanto riguarda gli stranieri. Il quadro economico della Sicilia disegnato dalla Banca d’Italia nel rapporto presentato ieri a Palermo è funereo. È vero che i dati sono del 2012 ma la situazione ha già superato il limite del collasso: il Pil è sceso del 2,7% a fronte di una flessione a livello nazionale del 2,4 per cento. Cala l’occupazione (nel 2012 i posti di lavoro persi sono stati 38mila e la disoccupazione è al 18,6%) e il livello medio di occupati è di un milione e 400 mila. E ancora: crolla definitivamente il mercato delle costruzioni il cui valore aggiunto ha avuto un calo del 7,9% mentre il calo degli occupati è stato del 10% e la flessione delle ore lavorate del 16,1%; scende il valore delle case: i prezzi di vendita sono scesi ancora del sei per cento. «Il peso dell’edilizia nell’economia regionale – spiegano i tecnici di Bankitalia di Palermo – che era pari al 6,6 per cento nel 2003 è sceso al 5,4 per cento nel 2011».
Si prenda poi il dato sull’industria. Bankitalia cita Prometeia: «Nel 2012 – si legge nel rapporto – il valore aggiunto dell’industria in senso stretto si è ridotto del 4,2% in termini reali, con un calo complessivo di oltre il 20% nel periodo 2008-2012». E ciò è il riflesso di una situazione generale che, come spiega il direttore di Banca d’Italia di Palermo Giuseppe Arrica «è caratterizzata da forte terziarizzazione: l’82% del valore aggiunto viene da questo terziario e dentro questa quota c’è anche un po’ di precariato pubblico. L’industria ha il 9,4%. Per aiutare l’economia siciliana, oltre che sperare nella ripresa, bisogna assumere decisioni coerenti con investimenti, per esempio, in infrastrutture, incidere per sburocratizzare le autorizzazioni, e puntare sul capitale umano: servono investimenti importanti perché l’indice di scolarità e di apprendimento sono tra i più bassi del paese».
Due dati positivi. Il primo: nel 2012 l’export dei prodotti siciliani è cresciuto del 21% e se è pur vero che i tre quarti delle esportazioni sono costituiti da prodotti petroliferi è anche vero che l’8% di incremento di altri prodotti come l’elettronica e il farmaceutico è ritenuto molto positivo. Altro dato riguarda il turismo: gli arrivi nell’isola sono cresciuti del 2,9% e se le presenze degli italiani sono diminuite del 2,6% quelle degli stranieri sono aumentate del 6,8%. Per il credito solo un paio di cenni per dare l’idea: gli incagli sono a 1,4 miliardi, la contrazione è proseguita nei primi mesi del 2013 (-0,6% a marzo). «I prestiti concessi dalle banche appartenenti ai primi cinque gruppi nazionali – si legge nel rapporto – si sono ridotti del 2,2% nel 2012. La fase di rialzo del costo dei finanziamenti è proseguita: il tasso a breve a dicembre 2012 era al 7,8% in aumento rispetto al 7,4% di dicembre 2011».
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