Responsabile anticorruzione nominato da appena il 34% dei Comuni. Accesso ad atti e informazioni garantito a cittadini e imprese soltanto dal 31% delle società partecipate a livello centrale e locale. Termine per la conclusione dei procedimenti indicato da non più del 44% degli enti pubblici.
La doppia operazione di prevenzione della corruzione e di innalzamento degli standard di trasparenza stenta ad andare a pieno regime. Con qualche eccezione, come quella della Presidenza del Consiglio che la scorsa settimana ha reso pienamente operative le misure della legge anti-corruzione con una ricaduta positiva anche in termini di risparmi: riduzione del 10% delle spese di funzionamento di palazzo Chigi.
Anticorruzione: Comuni e Asl a passo di lumaca
Alla data del 30 novembre 2013 la nomina del responsabile anti-corruzione, prevista dalla legge 190/2012, «non ha trovato piena attuazione in nessun comparto, neanche nelle amministrazioni di grandi dimensioni come i ministeri»: a sostenerlo è l’ultimo dossier della Civit – Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle Pa, che ha condotto la ricognizione. Comuni e aziende del Servizio sanitario nazionale sono i fanalini di coda: le nomine risultano effettuate solo nel 34% dei casi. Anche se nei grandi Comuni la situazione migliora sensibilmente (80%). In notevole ritardo sono anche le Province (54%), i consigli regionali (35%) e le Comunità montane (10%). Non mancano comunque i casi di eccellenza: oltre alla presidenza del Consiglio, ha provveduto alla nomina del responsabile anti-corruzione il 97% delle università statali e il 91% delle camere di commercio. In regola anche il 76% degli enti pubblici, con una punta del 100% per quel che riguarda gli enti previdenziali, e il 77% dei ministeri.
“Scuri” i siti web delle società partecipate
Non più del 64% delle società partecipate ha costituito all’interno del proprio sito web la sezione “Amministrazione trasparente” prevista dal decreto legislativo 33/2013. E a segnare il passo sono soprattutto le partecipate dei ministeri che non superano quota 50 per cento. E che solo nel 13% dei casi hanno dichiarato di aver individuato un soggetto o una struttura con funzione di monitoraggio sull’attuazione della nuove regole sulla trasparenza. Le società partecipate risultano anche abbastanza “impenetrabili” e poco propense ad aprirsi a cittadini e imprese. Non a caso l’accesso civico è garantito mediamente solo nel 31% dei casi, con un picco del 41% per le partecipate locali mentre quelle dei ministeri si fermano al 13 per cento.
Ancora “oscurati” i procedimenti degli enti pubblici
Il dossier parla chiaro: «Con riferimento agli enti pubblici nazionali, molto carente è la pubblicazione dei dati sui procedimenti». Il responsabile del procedimenti è indicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito solo nel 19% dei casi. E appena il 44% rende visibile il termine di conclusione di una pratica o di altri procedimenti rilevanti. Il risultato migliora sul versante dell’accesso civico, garantito dal 75% degli enti pubblici monitorati, ma torna a peggiorare leggermente sui tempi medi di erogazione dei servizi indicati nel 63% dei casi.
dal Sole 24Ore
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