di Ezio De Domenico (ANSA)
A Reggio Calabria si respira sempre piu’ aria di svolta nella lotta contro la ‘ndrangheta. Lo dimostrano le indagini sugli attentati ai magistrati e le rivelazioni sul punto di Antonino Lo Giudice, il boss pentito della ‘ndrangheta che si e’ autoaccusato dell’organizzazione delle intimidazioni. Oggi l’attivita’ investigativa ha segnato un altro momento determinante con l’arresto di Antonio Cortese, 48 anni, indicato da Nino Lo Giudice come l’esecutore materiale delle intimidazioni ai danni dei magistrati reggini. Dall’attentato del 3 gennaio contro la Procura generale a quello contro l’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro del 26 agosto.
Per finire col bazooka fatto ritrovare il 5 ottobre scorso davanti l’ufficio della Dda di Reggio Calabria, preceduto da una telefonata di minacce contro il Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone. Esecutore materiale di tutte le intimidazioni, secondo quanto rivelato da Lo Giudice nell’interrogatorio fiume dei giorni scorsi al procuratore Pignatone ed all’aggiunto Michele Prestipino, sarebbe stato proprio Cortese, armiere della stessa cosca Lo Giudice ed esperto nel maneggio e nel confezionamento di esplosivi. E’ a lui il boss pentito aveva affidato il compito di eseguire le intimidazioni ai danni dei magistrati. Resta fitto il mistero, pero’, sul perche’ la cosca Lo Giudice avrebbe preso di mira il pg Di Landro ed il procuratore Pignatone. Sul punto la Dda di Reggio Calabria si mantiene ancora sul vago motivando questa posizione col fatto, che non essendo competente, non ha approfondito questo specifico aspetto della questione. ”Non ho ne’ titolo, ne’ volonta’ – ha detto Pignatone – di esprimere valutazioni sulle motivazioni che stanno dietro gli attentati del 3 gennaio e del 26 agosto. Caso mai queste domande le dovreste rivolgere eventualmente al Procuratore della Repubblica di Catanzaro”. Ma non e’ soltanto questo l’aspetto non del tutto chiarito delle intimidazioni ai magistrati. Resta da capire anche il ruolo svolto complessivanmente da Cortese in tutta la vicenda ed i suoi spostamenti dopo gli attentati. L’esecutore delle intimidazioni ha trascorso gli ultimi giorni in Romania e nel momento in cui e’ stato bloccato dalla Squadra mobile di Trieste stava attraversando la frontiera tra la Slovenia e l’Italia a bordo di un pullman. Era in possesso di un cellulare e di sei schede telefoniche, due italiane e quattro romene. Aveva anche un computer portatile che gli serviva,secondo gli investigatori, per tenersi in contatto con l’Italia. Ai poliziotti ha detto soltanto: ”Vi state sbagliando. Con queste accuse io non c’entro”. L’arresto di Cortese segna un’altra tappa significativa del lavoro della Dda di Reggio Calabria. Pignatone ha sottolineato la determinazione con la quale sta lavorando la Procura reggina. ”Il nostro lavoro – ha detto – procede a 360 gradi e non guarderemo in faccia nessuno”. Il questore, Carmelo Casabona, ha parlato di ”momento storico eccezionale nella lotta contro la ‘ndrangheta. Si puo’ arrivare anche alla soluzione definitiva del cosiddetto ‘sistema Reggio’. La situazione a Reggio Calabria va schiarendosi. Squarci importanti si stanno aprendo per Reggio Calabria. Credo che molte cose saranno chiarite, comprese le dinamiche e le motivazioni degli attentati”. Apprezzamento per l’arresto di Cortese e’ stato espresso dai ministri dell’Interno e della Giustizia, Maroni e Alfano. Secondo Maroni l’operazione ”dimostra che lo Stato c’è”, mentre Alfano ha sostenuto che ”si tratta di un ulteriore colpo a quella bestia che dopo gli attentati al procuratore generale Di Landro ha dimostrato di essere ferita ed in difficoltà”. Un plauso anche da parte del presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, che ha parlato di ”grande risultato”.
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