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A Palermo ingegneri e architetti si dividono sull’antimafia

 

Si dice legalità ma si scrive mafia. E soprattutto se ne parla poco, in particolare tra i professionisti palermitani i quali invece di arrivare uniti ad affrontare la questione si dividono e in alcuni casi mostrano un certo pudore a parlarne.
La questione è ancora più complicata quando il tema resta sullo sfondo della campagna elettorale per il rinnovo, a Palermo, dei vertici di due ordini professionali molto importanti come quello degli architetti e quello degli ingegneri i quali hanno obbligo di vigilanza su cantieri e opere pubbliche che molto spesso sono state o sono appannaggio di imprese mafiose.
Il rinnovo avverrà nelle prossime settimane (i circa 4.157 architetti e i quasi 5.550 ingegneri votano a partire dall’8 settembre) e cade a ridosso di alcuni eventi importanti come il secondo anniversario della presa di posizione degli imprenditori di Confindustria contro la mafia con un bilancio di sforzi e di contraddizioni anche all’interno della stessa associazione industriale.
Che in pieno agosto si è ritrovata a espellere la Aedilia Venusta di cui è amministratore l’architetto Vincenzo Rizzacasa e che ha alle dipendenze Salvatore e Francesco Sbeglia, padre e figlio. Condannati il primo (geometra) per mafia con sentenza definitiva e il secondo per concorso esterno in associazione mafiosa. Un tema caldo, quello del contrasto alla mafia da parte delle professioni. Un tema che già nei mesi scorsi non ha mancato di far discutere e che resta sullo sfondo del dibattito in corso: lo è per gli ingegneri, il cui presidente Alessandro Calì è stato sfiduciato – prima volta nella storia dell’Ordine, dal 1876 ovvero dai tempi del progettista del Teatro Massimo, Filippo Basile – dopo aver sostenuto la delibera (poi arrivata) che prevedeva la cancellazione dall’Albo dell’ingegnere Michele Aiello, proprietario della Villa Santa Teresa di Bagheria e ritenuto prestanome del boss Bernardo Provenzano: Aiello è stato condannato a 14 anni in primo grado.
Per curiosa coincidenza subito dopo la delibera del Consiglio dell’Ordine, che ha deciso a dispetto di chi non credeva che si sarebbe arrivati a tanto, è arrivata la sfiducia a Calì e le sue dimissioni cui è seguita l’elezione di un altro presidente, Antonio Barcellona, professionista e docente universitario che ha così giustificato la decisione: «L’Ordine degli ingegneri di Palermo non ha apprezzato la gestione personalistica e totalmente autonoma dell’ex presidente Calì in svariate occasioni, mentre la collegialità è sempre stata una nostra norma. La stessa cancellazione di Michele Aiello è avvenuta in maniera collegiale».
E così sul piano concreto le due liste si confrontano su temi cari ai professionisti (solo Calì fa cenno alla deontologia) e la questione mafia sembra essere sparita; ma tutti sanno che la questione Aiello non è sparita. La lotta per la legalità e contro la mafia, che dovrebbe unire e far arrivare gli Ordini a una presa di posizione comune, sembra dunque dividere. Calì, a capo di una lista che ha per slogan “Non fermiamo il cambiamento”, ribadisce che l’impegno per la legalità all’interno dell’Ordine è un fatto normale e ovvio. Barcellona dal canto suo ha sposato il motto “Mettiamo l’Ordine in ordine”.
Una situazione non molto diversa si è determinata all’Ordine degli architetti di Palermo dove si fa sentire il lavoro sottotraccia di chi non vuole affatto che si affermino principi antimafia in una provincia come quella di Palermo in cui gli interessi di Cosa nostra si fanno sentire sempre più spesso nell’urbanistica con il tentativo di determinare anche le scelte. Come è avvenuto in passato a Villabate, il paese alla periferia di Palermo in cui si era determinato un connubio tra imprenditori, professionisti e capimafia finalizzato alla costruzione del centro commerciale. Oggi grazie alla caparbietà di un gruppo di architetti come Marina Marino, Agata Bazzi e Elio Caprì è stato approvato il nuovo piano regolatore e tutti gli strumenti urbanistici attuativi sbarrando la strada a qualsiasi tipo di interesse criminale. E questo nonostante l’avversione più o meno palese di altri professionisti insediati ai piani alti della regione siciliana. Proprio Elio Caprì, presidente dell’Associazione liberi professionisti architetti e ingegneri, si era fatto promotore di una Carta di Palermo contro la mafia e per la legalità: era la primavera del 2007 e ancora non c’è stata alcuna adesione.
Le due liste di architetti di cui fin qui si ha notizia e che corrono per vincere la guida dell’Ordine hanno paradossalmente dalla loro l’aver contribuito a organizzare la manifestazione Etica e legalità nella professione di architetto ma ora non si trovano molto d’accordo sulla necessità di mettere in primo piano la lotta alla mafia. Anzi chi lo fa, come Emanuele Nicosia che di quella manifestazione è l’animatore, viene accusato di protagonismo. Giusto come avviene tra gli ingegneri e come avveniva un tempo per Giovanni Falcone.
Sta di fatto che anche Addio Pizzo, il movimento che si è schierato apertamente contro mafia e collusioni, prepara un’iniziativa che si terrà in autunno nel campo delle libere professioni soprattutto per far esplodere le contraddizioni nella società palermitana troppo adusa a predicare bene e razzolare male.
Per gli architetti intanto il primo caso su cui avviare una riflessione può essere quello che riguarda il loro iscritto Rizzacasa il quale al Giornale di Sicilia ha detto: «Potrei risolvere tutto licenziando o facendo dimettere Sbeglia da Aedilia Venusta. Non me lo sogno nemmeno».Una vicenda che non ha alcun rilievo penale ma che dà il senso di quale possa essere la consapevolezza antimafia e per la legalità di molti professionisti anche se Rizzacasa sostiene di aver più volte denunciato tentativi di estorsione.
I professionisti, comunque, sono interessati anche ad altro: per esempio ai criteri di assegnazione degli incarichi nella cosiddetta fascia sottosoglia (fino a 100mila euro). La legge obbliga tra le altre cose le amministrazioni locali a fare le gare invitando almeno cinque professionisti iscritti a un elenco precostituito e in mancanza dell’elenco a fare un avviso pubblico per scegliere i professionisti da invitare alla gara: da una ricerca empirica si è capito che esistono cartelli di liberi professionisti e che spesso gli incarichi sembrano decisi a tavolino e vanno agli amici o addirittura agli amici degli amici. Nella terra del Gattopardo tutto sembra preordinato verso un unico obiettivo: cambiare tutto affinché nulla cambi. Ma di questo nelle campagne elettorali per l’elezione del presidente dell’Ordine non si parla.

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