di Mario Cribari e Francesco Ferro per Calabria Ora Eugenio Facciolla ha due espressioni: col sorriso o senza. Il tono di voce, invece, è sempre…
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REGGIO CALABRIA Una ‘ndrangheta sempre più ramificata nelle regioni del nord dell’Italia con una capacità sempre più forte di infiltrarsi nella politica e negli affari;…
In occasione del compleanno di Peppino Impastato e della nascita di “Radio 100 passi” che compie due anni, il prossimo 5 gennaio vedrà la luce la webtv “100 Passi Tv”.
Il “pizzo”, nel territorio catanese, non è soltanto una costante nei confronti del piccolo esercente, ma – sotto altre e più subdole forme – si…
Ciro Caravà, 52 anni, arrestato oggi nell'operazione di mafia della Dda palermitana portata a termine dai carabinieri del Ros è il sindaco di Campobello di Mazara, comune di circa 11 mila abitanti, «dalla doppia faccia». Scrivono i pm Marzia Sabella, Teresa Principato, Pierangelo Padova, nella richiesta di custodia cautelare accolta dal gip Maria Pino.
''Il feudo di Verbumcaudo, che lo Stato ha trasferito solo pochi giorni fa alla Regione deve diventare luogo di produzioni d'eccellenza cosi' da essere additato come esempio di riscatto non solo morale, ma anche economico per tutto il territorio madonita. Per questo motivo l'Istituto regionale della vite e del vino, all'interno di un progetto che presenteremo anche al prossimo Vinitaly, impiantera', su 6 dei 150 ettari disponibili, la prima Banca della vite siciliana, a disposizione di produttori ed esperti che vorranno conoscere e studiare tutti i tipi di vitigni autoctoni siciliani.
Apertura di un dialogo a partire da etica antimafia e legalità, che sia continuo e produca sviluppi concreti e proficui. E’ questo il risultato della tavola rotonda che ha visto confrontarsi il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo e il Comitato Addiopizzo, che l’ha organizzata assieme all’Associazione Antiracket Libero Futuro e il Comitato dei Professionisti Liberi.
Sono passati vent’anni da quel 1991, anno in cui dopo l’uccisione dell’imprenditore tessile Libero Grassi, a Catania nasce l’Asaec, l’Associazione antiestorsione a lui dedicata e oggi supportata dalla consulenza gratuita di un team di avvocati e commercialisti, che lavorano a favore di chi è vittima di estorsione. Per celebrare un ventennio di lotte e traguardi importanti, i soci Asaec organizzano il convegno “Dall’estorsione al riciclaggio: prospettive di contrasto” che si terrà sabato 17 dicembre (ore 10.00) al Coro di notte dell’ex monastero dei Benedettini.
«L’economia legale basata sulla libera concorrenza è un formidabile moltiplicatore di ricchezza per tutte le fasce della popolazione. Viceversa, l’economia criminale opera in favore di pochi imprenditori senza scrupoli ed è un moltiplicatore di fame, povertà, arretratezza e disoccupazione. Finalmente dall’antimafia delle parole da oggi, a Catania, si passa all’antimafia dei fatti». Con queste parole i soci dell’Asaec, l’Associazione antiestorsione catanese “Libero Grassi”, hanno commentato la notizia relativa all’approvazione del Regolamento attuativo per le richieste di rimborso delle tasse comunali ai commercianti catanesi che da oggi in poi denunceranno il racket.
«Se è vero che la mafia al Nord controlla il 3-4% dei voti? Possiamo anche andare al 5%». È quanto ha affermato Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, ospite della prima puntata di 'gli Intoccabilì, il programma di Gianluigi Nuzzi che andrá in onda stasera alle 23.10 su LA7.
Potrebbe iscriversi nel solco delle microstorie. Una come tante, come migliaia. Una microstoria di normalità e quotidiano impegno nella vita e nel lavoro. Ma quella che Roberto Alajmo, giornalista e scrittore palermitano, racconta in questo «Tempo niente, la breve vita felice di Luca Crescente» (Editori Laterza, 126 pagine, 14 euro) dedica a Luca Crescente, magistrato antimafia, morto prematuramente (aveva 39 anni), è più di una microstoria e di una semplice biografia: è il racconto della vita di un uomo che ha saputo essere esemplare, un modello per i propri cari ma anche per i colleghi e anche per chi, come tanti giornalisti, lo ha conosciuto nella quotidianità di un lavoro complesso come il suo.
C’è un unico codice che ancora oggi Cosa nostra riconosce: è il codice d’onore. È un elemento che emerge dall’operazione dei carabinieri di stamattina i quali hanno arrestato una ventina di persone della famiglia mafiosa di Carini in provincia di Palermo. Calogero Passalacqua, classe 1931, boss agli arresti domiciliari replicando i modelli più radicati della cultura mafiosa, oltre a controllare gli interessi illeciti della famiglia, dirimeva controversie, elargiva raccomandazioni, rendendosi disponibile ad ascoltare tutti coloro che lo richiedevano. Secondo i magistrati della Procura antimafia di Palermo «il pizzo sistematico che a cadenza periodica pagavano i commercianti, gli artigiani ed i piccoli imprenditori, era solo vessazione esercitata nei confronti di chi produce, che originava malumore e dissenso. La messa a posto dei lavori pubblici è invece occasione per creare consenso: permette di avvicinare gli imprenditori, ai quali saranno promessi vantaggi in cambio di una tassa. Gli affari si devono concludere senza fare "scrusciu", in sordina, senza far ricorso al sostegno delle armi: tutto si deve svolgere in immersione, sott’acqua».
Da una parte ci sono i Professionisti Liberi, il comitato che ha raccolto fin qui 1.300 adesioni anche tra non professionisti letteralmente intesi e che si propone di fare da pungolo agli ordini professionali. Dall’altra una categoria, gli avvocati, che prova a smontare le critiche e le provocazioni dei Professionisti Liberi. Se le stanno dando di santa ragione, a parole per fortuna, da un po’ di giorni. Gli avvocati non hanno digerito il decalogo del comitato che contiene prescrizioni a loro modo di vedere un po’ troppo eccessive e potrebbe persino privilegiare alcuni a danno di altri. I professionisti invece difendono il principio: privilegiare chi ha deciso di aderire alla lista dei Liberi sull’esempio della lista del Consumo critico che il comitato Addio Pizzo ha voluto sul fronte dell’antiracket. Se in quel caso il motto poteva essere "Pago chi non paga", in questo caso l’idea è quella di "pago chi si impegna pubblicamente contro la mafia". Cosa che potrebbero fare anche altre associazioni: la Confcommercio di Palermo, per esempio, ha costituito una sorta di coordinamento di professionisti contro il racket e contro la mafia.
Anche l'organizzazione criminale calabrese ora ha la sua Cupola. «Stiamo assistendo ad una ristrutturazione della 'ndrangheta che, pur mantenendo
l'articolazione familiare, ha al vertice un organismo, definito Crimine o Provincia che impartisce le direttive strategiche ed è in grado di farle rispettare», spiega Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Reggio Calabria in un'intervista ad
ASud'Europa, settimanale del Centro Pio La Torre, illustrando la mutazione delle dinamiche di potere all'interno della mafia calabrese.
La lettera che Alessandro Calì, presidente del comitato Professionisti liberi, ha inviato al Sole 24Ore-Sud e che tiene vivo il dibattito sull'impegno dei professionisti e degli ordini professionali sul fronte della lotta alla mafia. Avevamo già pubblicato la lettera di Elio Caprì, ingegnere e presidente di un'altra associazione, che esprimeva dissenso su alcune questioni.
di Alessandro Calì*
A maggiori conoscenze devono corrispondere maggiori responsabilità. Questo è il principio che ha animato un gruppo di professionisti intellettuali, che insieme con Addiopizzo e Libero Futuro, hanno costituito il Comitato dei Professionisti Liberi. Purtroppo invece troppo spesso dietro giganteschi malaffari ci sono professionisti compiacenti che rimangono sostanzialmente impuniti.
L'Italia è leader mondiale nella legislazione sul pentitismo, ma il sistema di protezione degli ex mafiosi rischia di naufragare per mancanza di finanziamenti. È questo, in sintesi, l'allarme lanciato dal ministro Roberto Maroni attraverso una relazione al Parlamento del dipartimento della pubblica sicurezza del dicastero degli Interni. I dati riguardano il primo semestre del 2010, ma la "fotografia" della situazione è di grande attualità, anche perchè la relazione sottolinea che nel 2011 il bilancio dello Stato «ha previsto stanziamenti in misura notevolmente inferiore al solo fabbisogno economico rappresentato per le spese ordinarie». I tagli di spesa sono tanto rilevanti che l'amministrazione della Giustizia non è in grado di pagare puntualmente l'affitto delle case assegnate ai pentiti che ci vivono con una nuova identità per metterli al riparo dalla vendetta criminale.